«Uno scandalo le aziende senz'acqua». L'intervista al presidente Asi

Massimo Albanese, presidente Asi
Massimo Albanese, presidente Asi
di Pierpaolo SPADA
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 24 Aprile 2024, 05:00

Aree industriali tra risanamento e bisogno di investimenti. Quale modello? Parla il presidente di Asi Lecce, Massimo Albanese.

Albanese, Confindustria denuncia assenza di sicurezza e infrastrutture nelle aree industriali. Qual è lo stato dell’arte?

«È in fase di collaudo un progetto finanziato dal ministero dell’Interno, col Pon Legalità, per l’installazione di telecamere per lettura-targhe negli agglomerati di Lecce-Surbo, Nardò-Galatone e Galatina-Soleto. Da quando abbiamo acceso, le forze dell’ordine con cadenza quindicinale ci chiedono delle informazioni e noi mettiamo a loro disposizione le registrazioni. Intanto, abbiamo pure azzerato le immissioni abusive di reflui nei tombini. E negli stessi agglomerati, pressochè azzerato l’abbandono dei rifiuti a bordo strada». 
 

Perché nulla è stato fatto negli agglomerati Tricase-Specchia-Miggiano, Gallipoli e Maglie-Melpignano? 
«C’è un’interlocuzione col ministero. A chiusura di questo progetto, ci aspettiamo il rifinanziamento così da proporre il progetto anche nei restanti agglomerati, in maniera anche migliore». 
 

A Tricase-Specchia-Miggiano continua a mancare pure l’acqua. Le aziende pagano ogni giorno le autocisterne. Confindustria ha citato il caso di Fornopronto e di un’azienda alla quale sarebbe stato impedito di realizzare una rete in maniera autonoma. Conferma? 
«Del secondo caso non ho contezza. Ma conosciamo il problema. Asi ha realizzato gli impianti per la distribuzione. In parole povere: c’è un tubo principale e ci sono i tubi che arrivano negli assi di penetrazione e portano l’acqua. Realizzato 15 anni fa, c’è pure l’impianto per la raccolta dei reflui. Il problema è che non è collegato all’acquedotto, alla fogna e al depuratore per la raccolta dei reflui. E quindi l’impianto non è attivo. Da quando presiedo Asi dialogo con Regione e Aqp affinché queste infrastrutture siano allacciate alle reti. Ma non è semplice perché ci sono tanti regolamenti, ma è vero pure che se qualcuno mettesse i soldi, ci si metterebbe poco».
 

Si riferisce alla Regione? 
«Potrebbe essere che nella prossima programmazione la Regione metta le risorse per queste opere. A Nardò bastava uno scavo di 20 metri e lo ha pagato Asi con 20mila euro. Ma se a Tricase ci dicono che per collegare l’acquedotto serve uno scavo di 3 chilometri, noi il milione necessario non l’abbiamo».
 

E intanto le aziende dovrebbero continuare a sostenere da sole i costi del mancato servizio? 
«Lo fanno da 40 anni. È scandaloso, lo so, ma è così. C’è massima attenzione. Bisogna recuperare ritardi accumulati in decenni. Portare l’acqua è vitale: l’acquisto erode i margine, soprattutto di aziende come Fornopronto che utilizzano un certo tipo di acqua per uso alimentare».
 

Asi viaggia con un disavanzo annuo di circa 600mila euro, un passivo totale (2022) di 45 milioni (-15 sul 2018) e debiti totali per 25 (-1 sul 2018). Si può continuare ad amministrare con questo modello?
«La realtà è complessa. Vorrei che gli attori importanti come Confindustria si confrontassero con noi. Il tema non è stato approfondito. Aboliamo i consorzi? Ok, ma si decida su dati di fatto. Io posso dire che, rispetto ai problemi e alle esigenze quotidiani delle aziende, negli ultimi 4 anni siamo passati da 19 a 80 delibere l’anno. Un aumento di efficienza quindi c’è stato. Poi, negli ultimi due anni e mezzo abbiamo deciso di applicare alla lettera il nostro regolamento per venire incontro agli interessi degli imprenditori, che non sono quelli dei proprietari dei suoli. Fino a 3 anni fa, i primi andavano dai secondi che vendevano i terreni 30-40-50 euro al metro quadro».
 

Ora siete voi a comprare e a vendere, ma c’è chi non gradisce. 
«Il Consorzio ha la funzione di tenere i prezzi bassi per permettere all’imprenditore di fare l’imprenditore e non al privato di arricchirsi. Qualcuno dice che abbiamo ostruito gli affari. Asi ha bloccato tutte le vendite e deciso di comprare e vendere i terreni a un prezzo molto più basso di quello applicato dai privati. È vero, abbiamo bloccato molte vendite, ma stiamo consentendo a molti imprenditori un risparmio da reinvestire in macchinari e personale, per esempio. E ricaviamo l’utile pure per restare in piedi, pagando debiti e stipendi. Dagli oltre 12 milioni del 2019, il debito per “prestiti e mutui” è sceso a 9,5. Certo, non possiamo investire 100mila euro per fare le strade o 1 milione per collegare l’acquedotto, ma se non paghiamo gli stipendi non garantiamo nemmeno i minimi servizi e non potremmo per esempio interfacciarci con la Zes per le opere che stiamo realizzando». 
 

Gli insediamenti stanno aumentando? 
«Molto dipende da Zes.

Però, posso dire che soltanto negli ultimi 6 mesi abbiamo deliberato 31 investimenti su 248.588 metri quadri».

© RIPRODUZIONE RISERVATA