Uno scandalo coinvolge l'Oncologico di Bari: un infermiere avvelenato solo perché ritenuto «infame». La sostanza tossica versata nel thé lo ha ridotto alla disabilità e quindi impossibilitato a lavorare. E' quanto emerso dall’indagine che ha coinvolto il nosocomio barese portando alla luce un vero e proprio "traffico" di farmaci dai locali dell’istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari alle abitazioni di infermieri e operatori socio-sanitari infedeli. Materiale questo che veniva utilizzato per visite private a nero da parte di infermieri e operatori socio-sanitari.
L'infermiere avvelenato
Un infermiere "infame" - così lo definiva un collega - è stato avvelenato con una tazza di thé bevuta in reparto. Secondo la ricostruzione dei fatti a novembre 2017 l’uomo bevve una tazza di thé preconfezionata accusando poi forti dolori per cui fu necessario il ricovero al centro antiveleni di Foggia.
Ai domiciliari ma lavorava in reparto
Ma non è tutto: un altro infermiere con precedenti penali lavorava in reparto: O. C., uno dei sei sottoposti a misura, era ai domiciliari dal 2020 è accusato di ricettazione di un cellulare rubato.
L'inchiesta è della scorsa settimana: sei sanitari sono sono stati sottoposti a misura cautelare (rimasti in silenzio davanti ai giudici). Diversi i casi che hanno portato alle misure cautelari con tanto di scandalo che ha coinvolto il reparto di Oncologia: un medico arrestato per aver chiesto soldi ai pazienti per visite e ricoveri che invece erano del tutto gratuiti. Ancora prima una infermiera era stata beccata dopo aver rubato oltre 200 euro dal borsellino di una paziente ricoverata (sospesa dal lavoro) e che poi racconta ai giudici quanto avvenisse nell’infermeria e nel deposito del reparto e il clima di intimidazioni che ormai si respirava.