Cosa dicono i dati sul Pil: il Pnrr ha diminuito il gap tra Nord e Sud. E le previsioni sono ottimistiche

Cosa dicono i dati sul Pil: il Pnrr ha diminuito il gap tra Nord e Sud. E le previsioni sono ottimistiche
di Daniela UVA
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Venerdì 10 Maggio 2024, 07:52

Nel 2024 il prodotto interno lordo delle regioni del Sud dovrebbe attestarsi sullo 0,9 per cento, restando in linea con quello del 2023, mentre nel 2025 dovrebbe raggiungere l'1 per cento. Ma c'è un altro dato che induce a un cauto ottimismo sul prossimo futuro: sempre quest'anno è prevista una crescita complessiva del reddito reale per effetto dell'aumento dei salari e dell'occupazione e per l'abbassamento del tasso di inflazione. I dati sono contenuti nel rapporto di previsione dell'economia italiana e del Mezzogiorno elaborato dal centro studi di Confindustria, presentato ieri a Bari, con le stime dei prossimi due anni. La ricerca evidenzia la tendenza verso una maggiore propensione al risparmio e verso un taglio dei tassi a partire da giugno, che potrebbero portare a una complessiva crescita dei consumi il prossimo anno.
A rallentare potrebbero essere gli investimenti, a causa della riduzione degli incentivi edilizi, solo in parte compensati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Particolarmente importante, secondo lo studio, è proprio l'apporto del Pnrr: al momento sul totale di 194 miliardi di euro stanziati sono stati spesi 45 miliardi (il 23 per cento), mentre sono stati impegnati 103 miliardi. Questo significa che nel biennio 2024-25 ci sono da spendere cento miliardi, considerando inoltre che degli 80 miliardi destinati ai lavori pubblici ne sono stati spesi solo dieci.
Insomma, il prossimo futuro è più roseo di quello che si potrebbe pensare, come conferma anche il direttore del centro studi, Alessandro Fontana: «Colpisce come, dopo la pandemia, la differenza di crescita tra Nord e Sud sia stata contenuta. Quel divario che si temeva si sarebbe allargato, non c'è stato». Secondo il rapporto, tra il 2019 e il 2022 la parte settentrionale del Paese è cresciuta del 12,9 per cento, più del Sud, che si è attestato al 12,2 per cento. Ma il divario è stato minimo rispetto a quello registrato nei dieci anni precedenti, quando i punti di differenza erano stati 9,5. Quello che allontana le Regioni sono, invece, le differenze fra performance, che dipendono dalla specializzazione produttiva.
In questo quadro, il sistema economico pugliese conferma di essere fra i più strutturati del Mezzogiorno. «Ha saputo mantenere un suo dinamismo in questi ultimi anni così complessi . conferma il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana -.

Nei prossimi mesi auspichiamo una ripresa più sostenuta e duratura che si potrà consolidare solo proseguendo con la politica economica di sostegno all'occupazione e ai redditi a partire dalla misura strategica della decontribuzione Sud, in scadenza a fine giugno, che abbiamo richiesto diventi permanente per dare certezze alle imprese. Sono fiducioso che il nostro governo e la Puglia sapranno non perdere queste preziose occasioni». Per Fontana «fondamentale sarà anche l'impatto che verrà dagli investimenti finanziati dal Pnrr così come dai fondi di coesione e dalla Zes unica, una misura strategica per il Sud a favore degli imprenditori e quindi dello sviluppo e del lavoro nei nostri territori».

La Cgil

Da parte sua, la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, evidenzia quanto sia importante «invertire la rotta rispetto alle scelte che questo governo continua a fare rispetto alla partita complessiva del Mezzogiorno: autonomia differenziata, decontribuzione alle imprese, tagli sul fondo di coesione e sviluppo. Tutte misure che stanno mettendo in difficoltà il Sud e il Paese in generale. Il dato sulla crescita dell'occupazione non è positivo rispetto alla qualità dell'occupazione stessa. È infatti evidente come all'aumentare del lavoro non corrisponda la diminuzione delle disuguaglianze e delle povertà che invece continuano a crescere».
Per il direttore del dipartimento di Economia e finanza dell'università Aldo Moro, Vito Paragine, «al netto delle stime fiduciose, il problema vero è la produttività. Abbiamo lo stesso Pil del 2008, quindi la produttività è rimasta quasi la stessa. Su questo versante siamo in ritardo rispetto all'Europa che a sua volta è ritardo rispetto agli Stati Uniti. Ci sarà da capire se il Pnrr avrà solo effetti sulla domanda o anche sulla produttività. Solo con l'aumento della produttività potremo dire che gli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza non saranno stati episodici ma strutturali. Un rischio che il Paese e il Mezzogiorno non possono correre». Alessandro Delli Noci, assessore regionale allo sviluppo Economico, ricorda infine la pubblicazione di «dieci bandi, altri quattro sono in pubblicazione. È indubbio che servano i Fondi di sviluppo e coesione per completare gli investimenti avviati negli anni precedenti. Siamo preoccupati perché non vediamo a oggi una visione complessiva rispetto alla valorizzazione di ogni area territoriale».
 

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