Ozpetek, i legami nascosti nella Roma di fine anni ‘70

Ferzan Ozpetek
Ferzan Ozpetek
di Claudia PRESICCE
5 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Maggio 2024, 05:00


“Attraversò la sala e il corridoio accendendo al suo passaggio tutte le luci. Era il suo modo per familiarizzare con quel luogo dove si sentiva ancora un po’ estranea, ma anche per annunciare il proprio arrivo alla zia.

La sua presenza aleggiava, infatti, persistente come il suo profumo, una tiepida corrente d’aria carica di promesse, pianti e risate, schegge di saggezza e storie da raccontare…”. Ci sono luoghi che hanno storie da raccontare in cui la scia lunga di chi li ha abitati resta nell’aria anche dopo di loro e, come scrive Ferzan Ozpetek, se ne avverte la presenza che aleggia persistente. Presenza e assenza, intrecci del destino che scrivono storie profonde, l’onda lunga di un amore capace, con la sua risacca, di cambiare diverse vite: è da qualche giorno in libreria il nuovo lavoro del regista e scrittore che si intitola “Cuore nascosto” (Mondadori; 19 euro; 200 pagine). Racconta la storia di Alice, ragazzina siciliana, che nel 1978 vede arrivare nella sua casa, dai modesti colori piccolo borghesi di Polizzi, una signora affascinante di Roma che sembra conoscere i suoi genitori. È la madre di Alice, Adelaide, a presentare la donna come zia Irene, una lontana amica di famiglia arrivata dalla capitale: ma Irene Reale viene da un mondo di arte, stravaganza e visibile agiatezza che mette in luce immediatamente la distanza dai recinti chiusi e ristretti della famiglia di Alice. Sarà per questo che la ragazzina resta affascinata da questa bizzarra signora che peraltro mostra un particolare interesse verso di lei: non sa la piccola Alice che Irene sarà quel gancio in mezzo al cielo che ti può cambiare la vita. È lei quell’incredibile incontro con il destino che, in qualche modo, era già atteso dentro. Il romanzo di Ozpetek parte da qui, da questo incontro di molti anni prima rispetto alla storia che poi verrà raccontata. Perché sarà l’inizio di un dialogo tra Irene e Alice che, superando barriere spazio temporali, diventerà la base di una nuova esistenza, quella che già inconsapevolmente custodiva Alice nel suo cuore nascosto. Un nuovo viaggio nella profondità dei sentimenti umani e del destino che a volte si mette di traverso e altre diventa una scia luminosa, questo lavoro di Ozpetek apre anche orizzonti sul fuoco dell’arte.

La storia

Scoprendo tra le pieghe della storia di Irene e dell’uomo che aveva tanto amato, Tancredi, emergono pagine memorabili sulla condivisione della genialità e dell’estro, sulla spinta estrema di una ricerca creativa che trascina in un unico vortice due vite ispirate una dall’altra. “Alice non riusciva a staccare gli occhi da quella visione di caos e bellezza, di creatività e urgenza.

Trattenne il respiro…”. Viene colto perfettamente tra le pagine l’incantesimo che rapisce chi si avvicina alla magia di un potente incastro artistico. Ma al di là della storia e del libro in sé (che sarà meglio scoprire leggendolo) vale la pena soffermarsi sul lavoro di Ferzan Ozpetek che, qui al suo quarto romanzo, dimostra la sua caratteristica sostanziale sensibilità a cogliere il senso di sfumature dell’esistenza che vanno scolorendo. Si celebrano in “Cuore nascosto” ancora una volta infatti quelle categorie emotive care alla poetica di questo esploratore coraggioso delle nostre corde più intime, dolorose, appassionate, quelle tensioni che rendono la vita degna di essere abitata. La prima e più grande categoria ozpetekiana è certamente la presenza nell’assenza: che sia dovuta a lontananza fisica generata da incomprensioni o distanze affettive, oppure che sia legata alla fine di una vita, ancora una volta lui ci racconta che una separazione non sempre definisce le linee di un distacco. Un dialogo assoluto tra due anime legate da qualcosa di profondo non si rompe mai, non conosce interruzione neanche oltre la vita stessa. Lo scrittore/regista è stato capace di raccontarlo in modo diverso nei suoi film e nei suoi libri, evitando il rischio di facili banalità perché lo ha sempre inserito in un energico corollario.

La seconda categoria che vale la pena mettere in luce è quella già accennata della danza emotiva che si costruisce intorno al fuoco sacro dell’arte. “Ti sei mai sentita bruciare dentro di un fuoco così devastante da non riuscire a sopportarlo se non catturandone la fiamma?”. Si parla del “duende” di Federico Garcia Lorca (“è un potere non un agire, è un lottare e non un pensare”) e della capacità di conservare quel potere genuino che è sorgente di vita e di arte, un fuoco che abbiamo tutti dentro prima di costruirci della maschere. E l’altra categoria emotiva qui, come in tutti i lavori di questa mente creativa geniale, è la capacità di descrizione della passione di un grande amore, del vento che ti spettina per sempre. La costruzione di un amore con l’incredulità annessa, e poi il ricordo di un amore che non è più nella vita reale, ma resta vivo dentro, generano la radice struggente del pathos della scrittura di Ozpetek, sia al cinema che in letteratura. Quella radice ci mantiene vivi.

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