Quindi i partecipanti sono stati monitorati con l'actigrafia, esame che permette di studiare i cicli del sonno, e sono stati seguiti clinicamente per una media di sei anni. Gli individui che avevano maggiori variazioni, tra una notte e l'altra, dell'ora in cui si coricavano e del numero di ore dormite tendevano a sviluppare più spesso livelli elevati di colesterolo Hdl, pressione, trigliceridi, glicemia a digiuno e circonferenza della vita.
Queste relazione si verificava «anche a prescindere dalla durata media del sonno e da altri fattori di rischio», scrivono i ricercatori. Inoltre chi aveva ritmi sonno-veglia sballati aveva anche sintomi depressivi più elevati e apporto calorico maggiore.
«I risultati suggeriscono che il mantenimento di un sonno regolare non è secondario, ma ha effetti benefici sul metabolismo glucidico e lipidico», commenta Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid). «Il ritmo circadiano è infatti una sorta di orologio biologico che regola l'attività di numerosi organi, tra cui il pancreas, essenziale per la secrezione di insulina, ormone chiave nello sviluppo del diabete».