Barba, quel bacio d'addio e perdono sulla fronte di Antigone

Barba, quel bacio d'addio e perdono sulla fronte di Antigone
di Alessandra LUPO
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Sabato 8 Ottobre 2022, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 00:37

Il bacio sulla fronte di Antigone alla fine dello spettacolo è il momento che riconcilia e commuove. Per chi avrà la fortuna di vedere l'ultima messa in scena di Tebe ai tempi della febbre gialla (ancora per questa sera ai Cantieri Koreja di Lecce), la riconciliazione non è solo con la tragedia ma per certi versi con l'universo di Eugenio Barba, che dopo 56 anni lascia la storica fattoria di Holstebro di cui è stato fondatore nelle mani del nuovo direttore artistico. Ma il suo teatro, l'Odin, e buona parte della sua compagnia, si rimettono in cammino. Continueranno a vivere e produrre tra la Danimarca e l'Italia, con base nel Salento e gambe in tutto il mondo.

 

L'ultima scena

Il passaggio però è epocale. E lo sa anche il pubblico, che partecipa religiosamente a una cerimonia che è insieme arcaica e punk. Classica e pop. E che porta sul rettangolo di parquet nero dei Koreja (luogo non casuale scelto per l'evento) un immaginario stratificato e ricco, come stratificati e strabilianti sono la fisicità e il talento degli attori, scolpiti dal tempo metafisico del teatro.
Il suono ha un corpo iperattivo, che annuncia, accompagna, scuote e molesta.

Il lamento vorticoso di Roberta Carreri (Antigone) i fischi e abbai di Kai Bredholt (Creonte), il fracasso delle assi sul suolo desolato dopo l'ultima battaglia. In scena anche Donald Kitt, Iben Nagel Rasmussen e Julia Varley: in parte gli stessi del nucleo fondativo dell’Odin Teatret. 

 

L'eterno ritorno di Edipo

La guerra tra i due figli di Edipo per il dominio di Tebe è terminata. La ribelle Antigone è stata punita e tra i morti si aggira il fantasma di Edipo: figura ricorrente nella produzione dell'Odin. Creonte e Tiresia predispongono la pace, arriva la scomposta primavera dell'amore. Il futuro è frenesia di sole e oro: una febbre gialla, appunto, che viene rievocata attraverso l'utilizzo ossessivo del filtro cromatico.

Giallo e oro nella storia dell'arte


«Nella seconda metà del IXX secolo - spiega Barba - il colore giallo sino ad allora molto difficile da ottenere artigianalmente - fece irruzione nella produzione industriale e quindi sulle tele degli artisti». Le figure in scena usano le tele di Munch, Van Gogh, Chagall, Gauguin come coperte, icone, vessilli. Si fasciano la testa inscenando un tetro bacio degli Amanti di Magritte. La scena è del tutto priva di quinte ed effetti, primordiale come le maschere che lasciano fluttuare e mescolare le epoche così come lo sfalzamento cronologico del mito. La stessa scelta di un babelico greco antico libera dal bagaglio della finzione. «Conosciamo tutti la storia di Edipo - spiega Eugenio Barba -: Tebe voleva essere un grande affresco, una pittura astratta o una sinfonia di Rachmaninov, evocando immagini, associazioni».

Il futuro dell'Odin


Quello di Barba però non è certo un addio al teatro, tutt'altro: «Dopo 56 anni lascio la fattoria che avevo trasformato in teatro, in disaccordo con la linea artistica del nuovo direttore - spiega -. La base sarà l'archivio Living Archive Floating islands (Archivio vivente delle Isole Galleggianti), che farà anche attività didattiche ma anche di trasformazione artistica: l'idea è trasformare il capitale cognitivo in un linguaggio sensoriale e artistico. Una messa in spazio della documentazione storica». Questo riporterà il Salento ad avere una centralità nella produzione teatrale? «Moltissime persone che lavorano nei campi artistici lo fanno per bisogni propri ma poi diventano un'ispirazione. Il superfluo è fondamentale nella vita umana, lo si può definire anche spirituale».
In questa insolita tournèe è il maestro in persona a fare gli onori di casa: Barba accoglie il pubblico in sala e persona per persona indica il posto a cui sedere, come se gli spettatori stessi fossero parte della regia e dello spettacolo. Parte di una chiassosa e solenne cerimonia.
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